La vita corre
Maria Elena alzò lo sguardo dalle pagine del libricino e si lasciò distrarre dal panorama che correva a tratti veloce, più spesso con una lentezza che le permetteva di cogliere i particolari. Pur essendole scivolate davanti agli occhi svariate volte quelle vedute, ancora non ne conosceva le minuzie e si trovò a constatare che non avrebbe nemmeno saputo elencare l’ordine esatto delle fermate. Era sempre troppo indaffarata a messaggiare al telefono, inviare mail di lavoro, leggere un libro, ascoltare musica o un podcast, sonnecchiare.
Le sarebbe ogni tanto piaciuto scambiare due parole con qualcuno, ma la paura di disturbare la bloccavano dall’incrociare gli sguardi; così, si limitava a immaginare vite, sogni e speranze di estranei che solleticavano la sua curiosità. Quel giorno notò solo sparute grigie persone, lontane tra loro, ognuna chiusa nella propria bolla di pensieri ed emozioni; il rumore bianco e l’andatura lineare venivano scossi solo dai tremolii e stridi durante le fermate; in lontananza, sentì un cellulare squillare. Maria Elena perciò alzò il pollice con l’unghia pittata di rosso tenuto tra le pagine come segnalibro e tornò a lasciarsi coinvolgere dalle parole del suo libricino.
Una frenata più brusca la disturbò e il grande cartello che si era piazzato proprio davanti al suo finestrino le fece sapere a grandi lettere bianche su fondo blu che era arrivata a Cittadella. Conteggiò che non era a nemmeno metà del percorso e le venne da sorridere, perché rappresentava il contesto attuale della sua vita, con ancora più del cinquanta per cento degli obiettivi da raggiungere. Tanti paesi da visitare, libri da leggere, avanzamenti di carriera, vita personale da aggiustare. Se solo la vita fosse lineare e con fermate previste!
Avvolta dai suoi pensieri, non si accorse che nel frattempo erano saliti un folto gruppetto di ragazze ventenni con zaino sulle spalle, una coppia di anziani che si sedettero con un oplà sui primi sedili a disposizione, due militari in divisa mimetica e dei colletti bianchi. Tutti trovarono velocemente un posto e il vagone si riempì di un brusio leggero, cadenzato dalle risate gentili delle ragazze.
“Posso sedermi?” le chiese un uomo alto, con un maglione verde e una sciarpa arancione arrotolata alla rinfusa attorno al collo taurino. Maria Elena si limitò ad annuire e ricacciò gli occhi sulle pagine del suo libricino.
Antonio si accomodò proprio davanti a lei e poco dopo mise le mani dentro il suo grande zaino blu per estrarne un bel panino imbottito di profumato speck, qualche fetta di pomodoro e spesse scaglie di formaggio. Mangiava educatamente, ma con foga. Sentì una notifica del cellulare, lesse un messaggio, al quale rispose sorridendo. Maria Elena lo guardò sottecchi mentre osservava il paesaggio pulendosi la bocca con un fazzoletto di stoffa.
“Vedo che sta leggendo Hermann Hesse” disse lui con voce chiara guardando curioso la copertina del libro.
La donna fu costretta a guardarlo negli occhi: “è un libro molto bello, che ho acquistato la settimana scorsa in stazione a Padova” e si bloccò, non aggiungendo oltre.
“Lo sa che esiste un treno intitolato proprio a Hesse?”
Maria Elena lo guardò con gli occhi brillanti.
“È un treno inaugurato nel 1987, anno di nascita del servizio EuroCity e credo che abbia viaggiato fino al 1993. Partiva da Genova Ventimiglia e arrivava fino a Stoccarda, passando per Milano, Como, Chiasso, Lugano e Zurigo.”
“Immagino che l’avranno utilizzato un sacco di persone!”
“Sì, credo proprio di sì! Le carrozze erano riconoscibili perché avevano una livrea arancione con una riga bianca appena sotto i finestrini. Aveva anche una vettura adibita a ristorante, ma era presente solo in territorio svizzero.”
“Chissà per quale motivo l’hanno intitolato proprio a lui! Comunque, hanno azzeccato la scelta, perché Hermann Hesse amava molto viaggiare in treno, oltre che passeggiare. Questo piccolo libro si intitola Camminare, ma più che al moto degli arti inferiori, si riferisce all’andare avanti, al miglioramento che raggiungiamo quando viaggiamo come visitatori e non come turisti.”
“A me e Angelina piace molto visitare località a noi sconosciute e prediligiamo come mezzo di trasporto il treno, perché ti permette un turismo slow, a contatto con le persone, i posti, la natura. È capitato più volte di incontrare oriundi che ci hanno indicato particolarità meravigliose da visitare, totalmente lontane dal turismo di massa.”
“Ma con l’aereo si arriva più lontano e l’automobile è comoda.”
“È vero, ma l’aereo consente l’interazione solo con al massimo un paio di persone e l’auto elimina anche questa minima possibilità.”
Antonio rifletté un poco; quindi: “sono sicuro che il signor Hesse mi darebbe ragione: solo il treno ti permette di guardare fuori mentre ti guardi dentro.”
“Il tempo ritagliato per se stessi, per trovare le soluzioni che cerchi” bisbigliò Maria Elena; accorgendosi però che l’uomo l’aveva sentita, arrossì e balbettò un “sì, no, beh, scusi, non pensavo avesse sentito, ovviamente soluzioni ne ho in abbondanza.”
L’interlocutore sorrise bonariamente e disse con dolcezza: “potrebbe trovare un treno dedicato ad un altro personaggio famoso che le piace e sfruttare la tratta per sbrigliare i fili della mente verso nuovi mondi e possibilità.”
Tacquero entrambi e il brusio del vagone occupò i silenzi.
“Eccoci finalmente a Campodarsego! La vede quella bella bruna riccioluta con il cappotto rosso tutta impettita sulla banchina? È Angelina e domani le chiederò di sposarmi” annunciò trionfante Antonio. Poi brevemente salutò Maria Elena, raccolse in fretta e furia lo zaino e il giubbotto verde scuro e si fiondò verso la porta automatizzata. Il tempo di scendere dal predellino e la coppia era stretta in un abbraccio pieno d’amore.
Li guardò dirigersi mano nella mano verso il parcheggio e poi l’andare del treno li fece scomparire.
Proseguire, abbracciare il nuovo, lasciarsi sorprendere dalle soste, accettare che dopo un’andata segue un ritorno e notare i particolari mentre la vita corre via.
Scrollando sul cellulare Maria Elena trovò il treno Monteverdi, un EuroCity che percorre la tratta da Venezia a Ginevra e si sorprese delle affinità di quel viaggio alla sua vita: non conosceva più della metà delle fermate, Ginevra era un punto d’arrivo al quale mai aveva pensato e il treno era stato dedicato a un compositore, un artista che rende musicali le parole. Tra l’altro, aveva avuto il piacere di scoprire dov’era sepolto proprio una settimana prima, quand’aveva visitato la Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari per ammirare assieme a Luca la bellissima Assunta di Tiziano.
Confermò l’acquisto, sicura che Hermann avrebbe approvato questo nuovo viaggio alla scoperta lenta d’un mondo nuovo.
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